mercoledì 15 gennaio 2014

IL MALEDUCATO


Nella vita incontrerai molte volte delle persone scortesi o cattive che non ti piacciono, ma dovrai comunque far finta di apprezzarle. Questo articolo ti insegnerà come comportarti con persone scortesi con le quali non vorresti avere niente a che fare.

1 Affronta con calma la situazione con una persona scortese tentando di capire il loro punto di vista. 

Nota che anche se puoi comprendere le motivazioni di un'altra persona, non significa che le loro azioni siano giustificate.
Le persone che sono scortesi solo di rado e sembrano comportarsi diversamente dal solito potrebbero essere turbate per motivi privati, e sfogare la loro frustrazione su di te per questo motivo. Nonostante sia meglio evitare di farsi dominare dalle emozioni, tutti cediamo all'irrazionalità di tanto in tanto. E' una caratteristica molto umana.
Questo accade più di frequente con degli estranei, che non si aspettano di rivederti in futuro e probabilmente non danno peso a cosa pensi di loro. Soprattutto se scossi da qualcosa che accade nelle loro vite, non si preoccupano di rispettare i tuoi sentimenti.
In altri casi, ti troverai in una situazione (es: a scuola o al lavoro) in cui le persone sono continuamente scortesi nei tuoi confronti. Potrebbero avere dei pregiudizi sul tuo sesso, sulla tua razza o sulla tua occupazione, ecc. o avere una cattiva opinione di te per qualcosa che potresti aver fatto. Queste persone cambieranno difficilmente idea su di te, per quanto possa essere una visione sbagliata o ignorante, e servirà a poco tentare di smentire le loro convinzioni.

2 Quando la persona in questione fa qualcosa di scortese o offensivo nei tuoi confronti, falle notare in modo educato ma deciso il loro comportamento inappropriato. 

Guardala negli occhi e chiedile di smettere di provocarti.
Frasi adatte a questo scopo sono:"Per favore, smettila, non mi piace il tuo comportamento" oppure "Non c'è bisogno di questa aggressività/volgarità/di offendermi in questo modo"
Prova a rimanere calmo e composto. Non essere aggressivo e non perdere le staffe, perché peggiorerai solamente la situazione. Non provare a contraddire l'altra persona o a iniziare una discussione - riconosci il loro atteggiamento irrazionale e prova solo a limitare il fastidio che ti provocano.
Non intraprendere un litigio o uno scontro fisico o verbale. Peggiorerai la situazione, e nel migliore dei casi finirai con una denuncia per percosse. Ricorda che non hai niente da dimostrare.

3 Se pensi che il loro atteggiamento si basi su un fraintendimento risolvibile, puoi proseguire il confronto chiedendo perché si comportano in quel modo.
Se danno una risposta razionale alla quale puoi replicare, fallo. Se riuscirai a dissipare la tensione, avrai ottenuto il massimo risultato possibile. Allo stesso tempo, potresti anche scatenare una serie di frasi irose e senza senso che non giustificano le loro azioni. A quel punto, avrai fatto tutto quello che potevi e dovrai proseguire al passaggio successivo.
Alcune persone non si rendono conto di essere maleducati. Potrebbero non aver imparato come comportarsi in modo civile. Se hai incontrato una persona di questo tipo, potresti informarli in modo educato che sono stati scortesi. Nella maggior parte dei casi riceverai subito delle scuse. Altrimenti, sii paziente o evita questa persona.

4 Limita il più possibile i contatti con la persona maleducata.
Se non è un peso per te cambiare ufficio o fare altri cambiamenti per evitare di avere a che fare con questa persona, adotta queste misure. Non lasciare che questa persona prenda per te delle decisioni di vita importanti o ti costringa a dei sacrifici, ma ti sarà di grande sollievo eliminarli dalla tua vita. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.
  5  Condividi i tuoi problemi solo con gli amici più intimi. 

Non vorrai rischiare di parlare della tua situazione con un amico comune o chiunque possa rivelare ciò che hai detto riguardo alla persona maleducata. Potresti anche offendere inavvertitamente qualche amico di quella persona. A nessuno piace sapere che si parla alle loro spalle, e se lo farai, alimenterai solamente il loro atteggiamento scortese nei tuoi confronti, e genererai probabilmente un egual numero di cattiverie dette alle spalle da parte loro. Non gettare benzina sul fuoco.
Anche quando parli con un tuo amico della tua situazione, evita di esagerare la realtà e di trasformare la persona scortese in una caricatura del diavolo. Sei comprensibilmente turbato dalla situazione, ma ciò non ti da il diritto di fare delle false accuse e mettere in cattiva luce una persona ingiustamente. Le parole maligne che potresti pronunciare, causerebbero dei danni non intenzionali in futuro.
Al contrario, descrivi ciò che è accaduto, cosa ti ha detto la persona scortese, e qual è stata la tua reazione. Lascia che il tuo amico dia la sua opinione al riguardo. Parla dell'accaduto per liberarti di un peso, ma non soffermarti troppo sull'argomento.

6 Non pensare troppo alla situazione.
Se, dopo aver affrontato qualcuno riguardo al loro atteggiamento, le cose non fossero ancora migliorate, dovrai renderti conto di aver fatto tutto il possibile. Non dovrai pensare ancora a come risolvere la questione. Non analizzare troppo il tuo comportamento o il loro, la cronologia delle vostre interazioni, ecc. Prosegui la tua vita e riacquista la sanità mentale censurando tutti i pensieri relativi a questa persona scortese. Qualcuno che ti ferisce non merita il minimo spreco di energia.

L'OFFESA


Di rado offendiamo senza rendercene conto, il più delle volte lo facciamo per difenderci da un attacco personale, sempre più spesso siamo invece consapevoli del male che può scaturire dalle nostre parole e ce ne serviamo nella maniera più squallida possibile.
Puntare sulle debolezze di un altra persona, servircene per calunniarlo, per denigrarlo e renderlo inferiore agli occhi degli altri e soprattutto ai suoi occhi è da meschini. È realmente un modo inappropriato perché molto spesso rende persone sostanzialmente buone spregevoli.
L’offesa molto spesso deriva infatti da un torto o da una medesima offesa subita e molto spesso la vittima diventa il carnefice. Ma non c’è scusa a questa azione disonesta.
È vero, capita a tutti di sottolineare un aspetto negativo riscontrato in un amico, in un conoscente e così via.
La gravità di un’offesa non credo dipenda dalla situazione o dalle persone che la subiscono penso invece che la gravità di un’offesa si misuri in base alla rabbia con cui certe parole vengono fuori dalla nostra bocca e dal nostro cuore e in base alla scopo che queste parole si prefiggono.

Orribile è l’offesa gratuita, l’offesa che nasce per puro divertimento, ma non c’è cosa più brutta dell’offesa che ha come scopo l’annientamento dell’altro.

COODIPENDENZA AFFETTIVA


Amare una persona è…

Averla senza possederla.

Dare il meglio di sé senza pensare di ricevere.

Voler stare spesso con lei,

ma senza essere mossi dal bisogno di alleviare la propria solitudine.

Temere di perderla, ma senza essere gelosi.

Aver bisogno di lei, ma senza dipendere.

Aiutarla, ma senza aspettarsi gratitudine.

Essere legati a lei, pur essendo liberi.

Essere un tutt'uno con lei, pur essendo se stessi.

Ma per riuscire in tutto ciò, la cosa più importante da fare è…

accettarla così com'è, senza pretendere che sia come si vorrebbe.

OMAR FALWORT

Varie sono le definizioni della codipendenza che ci sono succedute nel tempo, a seconda anche del settore in cui la si studiava (prevalentemente quello della tossicodipendenza ed alcolismo). Personalmente ritengo che parliamo di

Codipendenza è quando una persona fà in modo che sia influenzata in modo eccessivo dal comportamento di un'altro ed al contempo cerca di controllare in modo eccessivo quello stesso comportamento.

L'altro può essere una qualsiasi delle persone significative della propria vita: marito, genitore, figlio, amico. Quest' "altro", solitamente è affetto a sua volta da qualche forma di dipendenza patologica.

Il concetto di codipendenza nasce nel campo della tossicodipendenza ed alcolismo. Si notava come molti partner degli alcolisti e tossicodipendenti tendevano sia a ripetere copioni passati (la presenza di un genitore con la stessa dipendenza del partner) che a mettere al centro della propria vita il benessere e la salvezza dell'altro.

Taluni studiosi estremizzano la codipendenza arrivando a definirla una vera e propria patologia psicologica, cronica e progressiva. In questi casi i codipendenti necessitano di relazionarsi con persone dipendenti per un'insana forma di benessere. Scelgono ad esempio un'alcolista, perchè quest'ultimo necessita anche di un salvatore, e dipenderà dal codipendente. Anzi, a volte, se riescono nel loro ruolo di salvatori, la relazione finisce, e cercano subito un altro da salvare.

Entrando nello specifico le caratteristiche del codipendente sono:

concentrano la loro vita sugli altri
la loro vita dipende dagli altri
cercano la felicità fuori da sé
aiutano gli altri invece che se stessi
desiderano la stima e l'amore degli altri
controllano i comportamenti altrui
cercano di cogliere gli altri in errore
anticipano i bisogni altrui
sono attratte dalle persone bisognose d'aiuto
attribuiscono agli altri il proprio malessere
si sentono responsabili del comportamento altrui
sopportano sempre più comportamenti altrui che non avrebbero sopportato in precedenza
avvertono sintomi d'ansia e depressione
hanno una paura ossessiva di perdere l'altro
sviluppano sensi di colpa per i compartamenti sbagliati dell'altro
provengono spesso da famiglie con esperienza di codipendenza.

L'elenco è lungi dall'essere esaustivo. Ma già dall'elenco di queste caratteristiche vediamo molti punti in comune con le dipendenze affettive e relazionali. La differenza di fondo è che nelle dipendenze affettive non sempre c'è un partner problematico come nella codipendenza.

La codipendenza può essere anche caratterizzata come una relazione disfunzionale di tipo simbiotico. Tale tipo di relazione si viene a creare quando uno o entrambi cercare nell'altro la compensazione delle proprie carenze, dei propri bisogni insoddisfatti, al fine di sostenersi reciprocamente. Ad esempio chi è maggiormente istintivo cerca persone che hanno sviluppato maggiormente l'aspetto razionale e viceversa. In questo modo ci si illude che l'altro è fondamentale per il proprio equilibrio in quanto compensa nostre carenze.
Se uno dei due decide di "evolvere", cioè di superare o compensare i propri bisogni, l'altro si sente inevitabilmente tradito e abbandonato, in quanto sente il venir meno di quella relazione che lo faceva sentire al sicuro. Infatti questo tipo di relazione disfunzionale come tutte le relazioni simbiotiche non prevede cambiamenti, ma equilibrio, staticità, dipendenza.
Per superare tale relazione disfunzionale bisogna innanzitutto riconoscere l'esistenza di bisogni insoddisfatti che causano tali comportamenti errati e poi cambiare il proprio modo di relazionarsi con gli altri.
Utile è citare la parabola di Gesù su Marta e Maria. Maria se ne stava seduta a conversare con Gesù e i suoi discepoli, Marta ordinava in casa e cucinava. Ad un certo punto Marta incominciò a sbattere i piatti accusando Maria di non fare nulla, lamentandosi di dover far tutto da sola mentre la sorella chiacchierava. Gesù, inaspettatamente per Marta, rimproverò proprio lei. Per Gesù Maria si stava comportando bene, era lei che aveva ragione. Perché per Gesù l'importante è stare con le persone, pensando un po’ anche a sé stessi, non solo preoccuparsi di ordinare e cucinare per loro. Nella codipendenza si commette l'errore di sostenere l'"altro" dipendente a scapito di sé stessi, e lo stesso sostegno che si fornisce spesso è di tipo materiale, non attento alle esigenze interiori dell'altro.

Và ricordato, in conclusione, che se diversi sono i punti di contatto fra dipendenza affettiva e codipendenza c'è, però, una differenza fondamentale fra le due. Nella codipendenze è necessario che l'altro sia un partner problematico mentre nella dipendenza affettiva non c'è questa necessità.

Dott. Roberto Cavaliere

DIPENDENZA AFFETTIVA


"Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza, o li consideriamo conseguenze di un'infanzia infelice e cerchiamo di diventare la sua terapista, stiamo amando troppo.
Quando non ci piacciono il suo carattere, il suo modo di pensare e il suo comportamento, ma ci adattiamo pensando che se noi saremo abbastanza attraenti e affettuosi lui vorrà cambiar per amor nostro, stiamo amando troppo.
Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo, e forse anche la nostra salute e la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo." (Robin Norwood).

La problematica della dipendenza affettiva è recente: nasce sull'onda del successo, negli anni '70,di un libro della psicologa americana Robin Norwood "Donne che amano troppo". Tracce di tale tipo di dipendenza si possono rinvenire anche prima, ad opera di altri studiosi. Lo psicanalista Fenichel nel 1945 nel libro Trattato di psicanalisi delle nevrosi e psicosi introduceva il termine amoredipendenti ad indicare persone che necessitano dell'amore come altri necessitano del cibo o della droga.
Nella dipendenza affettiva, l'amore verso l'altro presenta diverse caratteristiche delle dipendenze in generale, pur presentando, rispetto a quest'ultime una differenza sostanziale: essa si sviluppa nei confronti di una persona e ciò la rende più difficile da riconoscere e da contrastare.
Una premessa è d'obbligo: è normale che in una relazione, in particolare durante la fase dell'innamoramento, ci sia un certo grado di dipendenza, il desiderio di "fondersi coll'altro", ma questo desiderio "fusionale" collo stabilizzarsi della relazione tende a scemare. Nella dipendenza affettiva, invece, il desiderio fusionale perdura inalterato nel tempo ed anzi ci si tende a "fondersi nell'altro".
Il dipendente dedica completamente tutto sé stesso all’altro, al fine di perseguire esclusivamente il suo benessere e non anche il proprio, come dovrebbe essere in una relazione "sana". I dipendenti affettivi, solitamente donne, nell’amore vedono la risoluzione dei propri problemi, che spesso hanno origini profonde quali "vuoti affettivi" dell'infanzia. Il partner assume il ruolo di un salvatore , egli diventa lo scopo della loro esistenza, la sua assenza anche temporanea da la sensazione al soggetto di non esistere (DuPont, 1998). Chi è affetto da dipendenza affettiva non riesce a cogliere ed a beneficiare dell'amore nella sua profondità ed intimità. A causa della paura dell’abbandono, della separazione, della solitudine, si tende a negare i propri desideri e bisogni, ci si "maschera" replicando antichi copioni passati, gli stessi che hanno ostacolato la propria crescita personale.
Proprio per questi motivi spesso questo tipo di personalità dipendente si sceglie partner "problematici", portatori a loro volta di altri tipi di dipendenza (droghe, alcol, gioco d'azzardo, ecc...). Ciò sempre al fine di negare i propri bisogni, perchè l'altro ha bisogno di essere aiutato. Ma è un aiuto "malato" in cui si diventa "codipendenti", anzi si rafforza la dipendenza dell'altro, perchè possa essere sempre "nostro". In questi casi la persona non è assolutamente in grado di uscire da una relazione che egli stesso ammette essere senza speranza, insoddisfacente, umiliante e spesso autodistruttiva. Inoltre sviluppa una vera e propria sintomatologia come ansia generalizzata, depressione, insonnia, inappetenza, malinconia, idee ossessive. Quasi sempre c'e incompatibilità d'anima, mancanza di rispetto, progetti di vita diversi se non opposti, bisogni e desideri che non possono essere condivisi, oltre ad essere poco presenti momenti di unione profonda e di soddisfazione reciproca (vedi anche articolo sulla CODIPENDENZA)

Chi è affetto da tale tipo di dipendenza s'identifica con la persona amata. La caratteristica che accomuna tutti i rapporti dei dipendenti da amore è la paura di cambiare. Pieni di timore per ogni cambiamento, essi impediscono lo sviluppo delle capacità individuali e soffocano ogni desiderio e ogni interesse.I dipendenti affettivi sono ossessionati da bisogni irrealizzabili e da aspettative non realistiche. Ritengono che occupandosi sempre dell'altro la loro relazione diventi stabile e durataura. Ma, immancabilmente, le situazioni di delusione e risentimento che si possono verificare li precipitano nella paura che il rapporto non possa essere stabile e duraturo, ed il circolo vizioso riparte, a volte addirittura "amplificato". Non ci si rende conto che l’amore richiede onesta e integrità personale perché l’amore è un accrescimento reciproco, uno scambio reciproco tra persone che si amano.Gli affetti che comportano paura e dipendenza, tipici della dipendenza affettiva, sono invece destinati a distruggere l’amore. Chi soffre di tale dipendenza è così attento a non ferire l'altro, da non rendersi conto che in questo modo finisce col ferire gravemente sé stesso.

Spesso, anche se non sempre e necessariamente, la persona amata è irraggiungibile per colui o colei che ne dipende. Anzi, in questi casi si può affermare che la dipendenza si fonda sul rifiuto, anzi, se non ci fosse, paradossalmente, il presunto amore non durerebbe. Infatti la dipendenza si alimenta dal rifiuto, dalla negazione di se, dal dolore implicito nelle difficoltà e cresce in proporzione inversa alla loro irrisolvibilità. A questo riguardo Interessanti sono anche le considerazioni della psichiatria Marta Selvini Palazzoli. A suo parere quello che incatena nella dipendenza affettiva è l'Hybris, vale a dire la ingiustificata, assurda, sconsiderata presunzione di farcela. La presunzione di riuscire prima o poi a farsi amare da chi proprio non vuole saperne di amarci o di amarci nel modo in cui noi pretendiamo

Il già citato psicanalista Fenichel è del parere che gli amoredipendenti necessitano enormemente di essere amati nonostante abbiano scarse capicità di amare. Essi elemosinano continuamente dal partner maggior amore ottenendo, però il risultato opposto. Si legano a partner che considerano non adatti a loro, ma nonostante ciò li renda arrabbiati ed infelici non riescono a liberarsi di quest'ultimi.
La dipendenza affettiva colpisce, sopratutto il sesso femminile, in tutte le fascie d'età . Sono donne fragili che, alla continua ricerca di un amore che le gratifichi, si sentono inadeguate.Esse hanno difficoltà a prendere coscienza di loro stesse e del loro diritto al proprio benessere che non hanno ancora imparato che amarsi è non amare troppo, che amarsi è poter stare in una relazione senza dipendere e senza elemosinare attenzioni e continue richieste di conferme.

Attualmente, la dipendenza affettiva, non è stata classificata come patologia nei vari sistemi diagnostici psichiatrici, come il DSM IV e si cerca di farla rientrare nei vari disturbi contemplati in essi, anche se ricerche svolte in questo campo, come quelle di Giddens, la considerano come un disturbo autonomo. Secondo quest'ultimo la dipendenza presenta alcune specifiche caratteristiche: L’"ebbrezza" (il soggetto affettivamente dipendente prova una sensazione di ebbrezza dalla relazione dei partner, che gli è indispensabile per stare bene). La “dose” - il soggetto affettivamente cerca “dosi” sempre maggiori di presenza e di tempo da spendere insieme al partner. La sua mancanza lo getta in uno stato di prostrazione. Il soggetto esiste solo quando c’è l’altro e non basta il suo pensiero a rassicurarlo, ha bisogno di manifestazioni continue e concrete. L’aumento di questa “dose”non di rado esclude la coppia dal resto del mondo. Se la dipendenza è reciproca la coppia si alimenta di se stessa. L’altro è visto come un’ evasione, come l’unica forma di gratificazione della vita. Le normali attività quotidiane sono trascurate quotidianamente. L’unica cosa importante è il tempo trascorso con l’altro perché è la prova della propria esistenza, senza di lui non si esiste, diventa inimmaginabile pensare la propria vita senza l'altro. Tutto ciò rivela un basso grado di autostima, seguito da sentimenti di vergogna e di rimorso. In alcuni momenti si è "lucidi" su questo tipo di relazione con l’altro, s'intuisce che la dipendenza è dannosa ed è necessario farne a meno. Ma subentra la considerazione di essere dipendenti e ciò rafforza il basso livello d'autostima personale e quindi spinge ancora di più verso l’altro che accoglie e perdona, ben felice, talvolta, di possedere. Quindi ogni tentativo di riscatto dalla propria dipendenza muore sul nascere.
A queste caratteristiche comune a tutte le dipendenze, elaborate da Giddens, nè aggiungerei, un'altra, non presente nelle altre dipendenze: la PAURA. Paura ossessiva e fobica di perdere la persona amata, che s'alimenta a dismisura ad ogni piccolo segnale negativo che si percepisce. A volte basta rimanere inaspettatamente soli o non ricevere una telefonata per avere paura di un'abbandono definitivo.
Inoltre nel soggetto affetto da tale tipo di dipendenza è possibile rintracciare una sorta di ambivalenza affettiva che è riassumibile nella massima del poeta latino Ovidio: "Non posso stare nè con tè, nè senza di tè". "Non posso stare con tè" per il dolore che si prova in seguito alle umiliazioni, maltrattamenti, tradimenti e quant'altro si subisce. "Non posso stare senza di tè" perchè è indicibile la paura e l'angoscia che si prova al solo pensiero di perdere la persona amata.

Riepilogando i sintomi della dipendenza affettiva sono (l'elenco è lungi dall'essere esaustivo):
Ossessione dell'altro
Paura di perdere l’amore
Paura dell’abbandono, della separazione
Paura della solitudine e della distanza
Paura di mostrarsi per quello che si è
Senso di colpa
Senso d'inferiorità nei confronti del partner
Rancore e Rabbia
Coinvolgimento totale e vita sociale limitata
Gelosia e possessività
Concluderei con una considerazione: Un'amore autentico nasce dall'incontro fra due unità e non due metà.


Dott. R. Cavaliere

IL DONO DELLA PROVOCAZIONE


Vicino a Tokyo viveva un grande samurai, ormai anziano, che si dedicava a insegnare il buddismo zen ai giovani.Malgrado la sua età, correva la leggenda che fosse ancora capace di sconfiggere qualunque avversario. Un pomeriggio, si presentò un guerriero, conosciuto per la sua totale mancanza di scrupoli.Era famoso perché usava la tecnica della provocazione: aspettava che l’avversario facesse la prima mossa e, dotato come era di una eccezionale intelligenza che gli permetteva di prevedere gli errori che avrebbe commesso l’avversario, contrattaccava con velocità fulminante. Il giovane e impaziente guerriero non aveva mai perduto uno scontro. Conoscendo la reputazione del samurai, egli era lì per sconfiggerlo e accrescere in questo modo la propria fama.Tutti gli allievi si dichiararono contrari all'idea, ma il vecchio accettò la sfida.Si recarono tutti nella piazza della città e il giovane cominciò a insultare il vecchio maestro. Lanciò alcuni sassi nella sua direzione, gli sputò in faccia, gli urlò tutti gli insulti che conosceva, offendendo addirittura i suoi antenati. Per ore fece di tutto per provocarlo, ma il vecchio si mantenne impassibile. 
Sul finire del pomeriggio, quando ormai si sentiva esausto e umiliato, l’impetuoso guerriero si ritirò. Delusi dal fatto che il maestro avesse accettato tanti insulti e tante provocazioni, gli allievi gli domandarono: “Come avete potuto sopportare tante indegnità? Perché non avete usato la vostra spada, pur sapendo che avreste potuto perdere la lotta, invece di mostrarvi codardo di fronte a tutti noi?”.
“Se qualcuno vi si avvicina con un dono e voi non lo accettate, a chi appartiene il dono?”, domandò il samurai.
“A chi ha tentato di regalarlo”, rispose uno dei discepoli.
“Lo stesso vale per l’invidia, la rabbia e gli insulti”,

disse il maestro:
“Quando non sono accettati, continuano ad appartenere a chi li portava con sé”.

mercoledì 8 gennaio 2014

PREGHIERA DEL MOTOCICLISTA




Padre nostro che sei esperto,
facci tenere il gas aperto.

Visto che sei nostro signore
mantieni caldo il posteriore.
come pure l’anteriore.

Così in piega come sul dritto              
darci del gas sia nostro diritto.

Dacci oggi la nostra benzina quotidiana
e lasciaci piegare senza farci scivolare.

Senza indugi la derapata,                           
fa che sia ben controllata.

Quando usciamo da un curvone,
non ci slitti la frizione.

Non ci indurre in tentazione
senza il controllo di trazione.

Se ci sorprende la benemerita,
faccia sol multa, a chi se lo merita.

Quando ci ferma la polizia,
facci avere l'amnistia.

Se apriamo il gas tu e i santi,
teneteci a terra la ruota davanti.

E quando un dì saremo al tuo cospetto,
fa che troviamo un misto stretto.

Cosi che noi in tutta fretta,
spalanchiamo la manetta.

domenica 5 gennaio 2014

CORNA E CORNUTI


CORNUTO MATEMATICO: ….. 
 Il cornuto e' uno (intero) a cui un terzo ha sottratto la metà (1=1/3-1/2).



FEDIGRAFA 
Un idraulico va ad effettuare una riparazione presso la casa di un noto attore teatrale. Rimasto solo con la moglie di questi, viene sedotto. Sul piu' bello rientra il marito. Dopo il primo momento di panico, l'idraulico si rende conto che il marito e' rimasto impassibile con una espressione di sdegno in viso davanti alla porta e cosi' apostrofa la consorte: "Fedifraga! Io ti credevo una Cornelia, madre dei Gracchi, invece ti sei rivelata una Poppea! E adesso me ne vado con uno strozzo alla gola!". Detto questo, esce di casa. L'idraulico pensa rientrando a casa: "Sara' cornuto, ma che bella figura che ha fatto!". Al rientro trova la moglie a letto con il suo amico .... falegname. Dopo una prima reazione inconsulta, ripensa alla "bella figura" dell'attore e cerca di emularlo, dicendo alla moglie:
"Fotografa! Io ti credevo una cornacchia e invece ti sei rilevata una pompiera! E ora me ne vado come uno stronzo a galla!




INFEDELTA’ dell’arma   
Tre carabinieri si ritrovano a parlare della fedelta' delle rispettive mogli. "Oh ragazzi, secondo me mia moglie se la fa con un muratore!". 
"Nooo, ma non e' possibile! Ma come fai a dirlo?". "Beh sai, tutte le sere vado a casa, guardo sotto il letto, e vedo delle cazzuole, della calce, dei mattoni". 
Interviene il secondo carabiniere: "Oh mah, lo sai che allora mia moglie forse va a letto con un macellaio?". 
"E perche'?". "Mah, anch'io la sera guardo sotto il letto e vedo dei coltelli, degli ossi, della carne". 
Allora il terzo carabiniere, sbiancato in volto guarda gli altri e fa: "Ma ragazzi, allora mia moglie va a letto con un cavallo!". 
"Ma come con un cavallo, ma cosa dici!". "No non sono proprio sicuro. Pensa che tutte le sere quando vado a casa e guardo sotto il letto trovo il fantino!".



Circolo ARCI 
Beppe, socio del circolo Arci, dopo un periodo di assenza riprende a frequentare il circolo. All'entrata il barista lo sottopone ad un esame: gli mostra una foto, e gli chiede: "Chi e' costui?".     "E Beppe: "Ma, non saprei". Il barista: "Ignorante, si tratta di Lenin, il padre della rivoluzione. Tu vieni TROPPO POCO al circolo". 
La sera dopo Beppe ritorna al circolo. Di nuovo il barista gli mostra una foto: "E questo chi e'?". Beppe: "Porca miseria. No, non lo so". 
"Ignorante, si tratta del grande Stalin. Tu vieni TROPPO POCO al circolo". 
Terza sera, solita manfrina: "Questo, chi e'?". "Boh!". "Ma come fai a non riconoscerlo? E' il grande Togliatti. E' evidente: tu vieni TROPPO POCO al circolo". 
La quarta sera Beppe non ne puo' piu'. Il barista si avvicina, ma Beppe e' piu' veloce, estrae una foto, e comincia: "Dimmi tu, di chi si tratta?". 
E il barista: "Ma, non saprei. Non conosco questo rivoluzionario". E Beppe: "Si chiama Osvaldo e ogni sera si guzza tua moglie. 
Tu vieni TROPPO SPESSO al circolo!".


DIAGNIOSI MEDICA     
                                    
Una signora va dal dottore: 

"Scusi dottore, mio marito non mi basta piu'". 

"Ma perche' lo dice a me? Se proprio non resiste si faccia un amante". "Ma veramente ce l'avrei gia', ma non mi basta piu'". 

"Ma cosa le devo dire, se ne faccia due, o tre". "Ma sì, ne ho già …  ma non bastano mai... ".

 "Ma lei e' malata! ". "Bravo dottore, lo metta per iscritto, che mio marito dice che sono una troia! ".

venerdì 3 gennaio 2014

Mhadjeb



Pane arabo ripieno - Algeria






Vengono dall'Algeria, ma sono presenti anche nelle cucine di altri paesi nordafricani, e si cuociono sulla piastra.
Possono avere diversi ripieni. Il più comune è con la carne tritata e variamente speziata, oppure quello vegetariano, uguale a quello della ricetta ma senza il tonno e con in più i peperoni.


Impasto per 4 pezzi:
200 g di semola
... mezzo cucchiaino di sale
acqua tiepida
olio per stendere la pasta

Ripieno:
una cipolla
due pomodori da sugo
140 g di tonno sott'olio
uno spicchio d'aglio
sale, pepe,
olio
harissa (salsa tunisina piccante)

Impastare la semola con il sale aggiungendo l'acqua a poco a poco finché si ottiene una consistenza morbida ma non appiccicosa.








Lavorare lungamente, per circa 15 minuti, finché l'impasto è liscio e non si strappa se allungato. Lasciar riposare l'impasto per un'ora o più, poi dividerlo in 4 sferette, ungerle d'olio e lasciarle riposare. Più riposano e più sarà facile stenderle.









Affettare finemente cipolla, peperoni e pomodori, farli ammorbidire in una larga padella con un po' d'olio. Aggiungere l'aglio, il sale, il pepe e portare a cottura. Unire il tonno sminuzzato, a fuoco spento.





Cospargere d'olio il piano di lavoro e stendere ogni sfera formando un quadrato sottilissimo, trasparente, come una pasta da strudel. Personalmente trovo più facile stendere con le mani, premendo e tirando.






 Non preoccupatevi se la pasta ai bordi è più spessa: potete asportarli. Mettere al centro di ogni quadrato un quarto del ripieno e una punta di harissa. Chiudere a pacchetto.






 Cuocere i mhadjeb sulla piastra calda, facendo attenzione a non bruciarli.





Questo è il risultato finale. Buon Appetito!!!

giovedì 2 gennaio 2014

LA SVEGLIA


AD UN OROLOGIO GUASTO

Poi che il pendolo tuo giù penzoloni
Non ha più moto ed impotente stà
E gl'inutili pesi ha testimoni
Della perduta sua vitalità,
Vecchio strumento, m'affatico invano
A ridestar l'antica tua virtù;
Inutilmente con l'industre mano
Tendo la molla che non tira più.
Questa tua chiave, che ficcai si spesso
Nel suo pertugio, inoperosa è già;
Rotto è il coperchio e libero l'ingresso
Ad ogni più riposta cavità.
Deh, come baldanzoso un dì solevi
L'ora dolce del gaudio a me segnar
E petulante l'ago tuo movevi
Non mai spossato dal costante andar!
Quante volte su lui lo sguardo fisso
Or tengo e penso al buon tempo che fu.
Se almen segnasse mezzodì preciso.....

Ma sei e mezza!... e non si move più!

DIAFRAMMA


 Un diaframma è una struttura prefabbricata o  gettata in opera che viene utilizzata per sostenere  scavi artificiali di natura provvisoria o definitiva  impedendo lo scivolamento del terreno all'interno  dello scavo.

Talvolta il solo diaframma non è in grado di reggere la spinta del terreno e si rende necessario l'inserimento al suo interno di tiranti: queste opere sono dette paratie tirantate.
Un diaframma è realizzato con apposite macchine provviste di ganasce o frese che, calate nel terreno attraverso dei cordoli guida, scavano una sezione verticale: per evitare crolli di materiale della parete cui viene a mancare il sostegno, lo scavo è realizzato tramite impiego di fanghi bentonitici. Eseguito lo scavo il diaframma prefabbricato è collocato nella sede; se invece il manufatto è gettato in opera viene realizzato in calcestruzzo armato (l'armatura è solitamente costituita da una gabbia d'acciaio) oppure con un composto detto "plastico", costituito da bentonite e calcestruzzo.

1 Progettazione di un diaframma
1.1 Diaframma a mensola o autostabile
1.2 Diaframma vincolato
1.2.1 Free earth support
1.2.2 Fixed earth support


Progettazione di un diaframma

Un diaframma infisso nel terreno è sottoposto contemporaneamente a spinte instabilizzanti (spinte attive esercitate a monte della paratia) e spinte stabilizzanti (spinte passive esercitate sul lato di valle dal terreno al di sotto del fondo dello scavo). La progettazione di un diaframma è perciò legata a valutazioni di tipo geotecnico e consiste nella verifica delle condizioni di equilibrio tra spinte attive e spinte passive, utilizzando eventualmente contrasti, tiranti, appoggi di vario tipo in ausilio alle spinte stabilizzanti. Uno dei problemi essenziali è costituito dal calcolo della profondità di infissione nel terreno del diaframma a mensola, in modo da non richiedere ulteriori sostegni.

La progettazione è legata alla tecnologia del diaframma che si intende realizzare, in quanto la capacità statica dell'elemento strutturale dipende dalla sua tipologia costruttiva (diaframmi in conglomerato cementizio, palancole, micropali, ecc.), mentre lo stato di sollecitazione sviluppato lungo la paratia dipende, tra l'altro, dalle condizioni di scabrezza dell'interfaccia terreno - paratia.

I diaframmi possono essere realizzati a sbalzo (a mensola nel terreno), ad uno o più ordini di tiranti. Le soluzioni costruttive meno complesse, in assenza di acqua di falda e di sovraccarichi importanti, possono essere studiate mediante abachi o sfruttando formulazioni chiuse più o meno semplificate.

Diaframma a mensola o autostabile

Nel caso più immediato di diaframma semplicemente infisso nel terreno (denominato diaframma a mensola) il meccanismo di rottura è rappresentato dalla rotazione del diaframma intorno ad un punto O posto a profondità d dal fondo scavo.
La progettazione viene effettuata valutando le spinte del terreno sul diaframma. Definendo h la differenza di quota tra il piano campagna e il fondo scavo (e quindi l'altezza del diaframma fuori terra), d la profondità rispetto al fondo scavo del centro di rotazione O e d' l'altezza del diaframma al di sotto del centro di rotazione, le spinte del terreno sulla paratia possono essere così sintetizzate:
nella zona al di sotto dello scavo:
spinta passiva per una profondità d dal fondo scavo al centro di rotazione O (P_p contributo stabilizzante);
spinta attiva per una profondità d' dal centro di rotazione O alla parte più inferiore del diaframma (P_a' contributo instabilizzante);
nella zona al di sotto del piano campagna:
spinta attiva per una profondità h + d dal piano campagna al centro di rotazione O (P_a contributo instabilizzante);
spinta passiva per una profondità d' dal centro di rotazione O alla parte finale inferiore del diaframma (P_p' contributo stabilizzante).
In particolare in sede di progettazione si tende a considerare i contributi derivanti dalla parte di terreno al di sotto del centro di rotazione O (P_a' e P_p') come applicati esattamente in quel punto, trascurando il momento meccanico che la risultante R delle due spinte offrirebbe alla struttura. Tale assunzione è tuttavia a vantaggio di sicurezza, dal momento che questo contributo tenderebbe a frenare la rotazione della paratia.
A questo punto la profondità d viene valutata imponendo l'equilibrio alla rotazione del diaframma intorno al punto O. Avendo ipotizzato infatti la forza R applicata esattamente in quel punto si avrà:
P_p \cdot \frac{d}{3} - P_a \frac{h+d}{3}=0 \Rightarrow d = \frac{P_a}{P_p-P_a} \cdot h
Considerando che la struttura dovrà essere equilibrata anche nel senso della traslazione orizzontale, ponendo la condizione di equilibrio
P_a + R - P_p = 0
si potrà calcolare la forza R da cui sarà possibile ricavare l'ulteriore infissione del diaframma d' (ricordando che essa era la risultante delle spinte del terreno al di sotto del centro di rotazione). La profondità a cui dovrà essere infisso il diaframma sarà esattamente d + d'. In ogni caso, in prima approssimazione, il valore dell'ulteriore infissione del diaframma può essere valutato pari al 20% della lunghezza d.
Per tenere conto dell'incertezza del calcolo dei parametri di resistenza del terreno si è soliti applicare un coefficiente di sicurezza alla spinta passiva, al cui valore ci si affida interamente per la stabilità della struttura.

Diaframma vincolato

In molte situazioni la realizzazione di un diaframma a mensola risulta antieconomica o tecnicamente insostenibile, in quanto l'attivazione dei necessari meccanismi di spinte attive e passive comporta spostamenti orizzontali della sommità della paratia di entità inaccettabile. In tali casi si procede ad inserire uno o più contrasti, spesso costituiti da tiranti, seguendo la progressione degli scavi. Sempre nei casi più semplici dei diaframmi monoancorati, ovvero contrastati con un solo ordine di tiranti, la progettazione si differenzia a seconda del vincolo che si realizza nei fatti alla base del diaframma.

Free earth support

Nel caso si ipotizzi all'estremo inferiore un vincolo dato dalla semplice forza passiva sviluppata al di sotto del fondo scavo, la struttura nel suo complesso risulterà iperstatica, ma con semplici operazioni sarà possibile trovare la profondità minima di infissione del diaframma. Si opera imponendo l'equilibrio alla rotazione intorno al punto di applicazione della reazione F garantita dal tirante. Tale reazione vincolare, assimilabile ad una trazione viene coerentemente calcolata imponendo l'equilibrio alla traslazione orizzontale. Nel caso in cui si utilizzino tiranti, essi dovranno essere di tipo passivo, altrimenti il modello di calcolo non risulta più valido in senso stretto.
A favore della sicurezza, si terrà conto dell'incertezza nella determinazione della resistenza del terreno con opportuni coefficienti di sicurezza: di solito per le spinte passive si adotta un fattore riduttivo pari almeno a 1.5, mentre per il dimensionamento del tirante si adottano coefficienti pari a 1.5 - 2.5. Ciò può essere ritenuto valido per opere provvisionali, di durata temporale non superiore a due anni. Le recenti normative geotecniche impongono per opere non provvisionali l'adozione di coefficienti parziali sia in aumento delle azioni sulla paratia, sia in diminuzione della parametrizzazione geotecnica, oltre eventualmente ad una diminuzione delle resistenze di calcolo.

Fixed earth support

Se l'estremo inferiore del diaframma viene approfondito nel terreno fino a contrastare idealmente tutti i possibili gradi di libertà, compresa la rotazione, si può introdurre a tutti gli effetti un vincolo di incastro. In questo caso la struttura risulterà fortemente iperstatica, così che in teoria non si potrebbe prescindere da considerazioni che tengano conto della congruenza delle deformazioni. Tuttavia, imponendo a priori l'esistenza di un punto C del diaframma avente momento nullo, si considera in quella sezione una cerniera, rendendo così la struttura isostatica. Esistono varie formulazioni più o meno empiriche di tale problema, accettabili solo nelle ipotesi di assenza di acqua di falda, terreno omogeneo, assenza di sovraccarichi a monte e irrilevanza degli spostamenti della sommità della paratia. La teoria di Blumm, per esempio, ipotizza che questo punto di cerniera si trovi ad una quota variabile, dipendente dall'angolo di attrito interno, sopra o sotto la linea di fondo scavo. In realtà lo sviluppo di una cerniera sopra il fondo scavo si verifica unicamente in terreni granulari molto compatti o cementati. Più sovente la cerniera nel terreno viene considerata ad una certa profondità, nell'ordine del 10% dell'altezza fuori terra del diaframma, sotto il fondo scavo.
Tale metodo di risoluzione di questo problema è chiamato metodo della trave equivalente Anche nello sviluppo progettuale di tale modello si introducono opportuni fattori di sicurezza o coefficienti parziali coerentemente con il tipo di verifica in corso (all'equilibrio limite o agli stati limite).