AD UN OROLOGIO GUASTO
Poi che il pendolo tuo giù
penzoloni
Non ha più moto ed impotente stà
E gl'inutili pesi ha testimoni
Della perduta sua vitalità,
Vecchio strumento, m'affatico
invano
A ridestar l'antica tua virtù;
Inutilmente con l'industre mano
Tendo la molla che non tira più.
Questa tua chiave, che ficcai si
spesso
Nel suo pertugio, inoperosa è già;
Rotto è il coperchio e libero
l'ingresso
Ad ogni più riposta cavità.
Deh, come baldanzoso un dì solevi
L'ora dolce del gaudio a me segnar
E petulante l'ago tuo movevi
Non mai spossato dal costante
andar!
Quante volte su lui lo sguardo fisso
Or tengo e penso al buon tempo che
fu.
Se almen segnasse mezzodì
preciso.....
Ma sei e mezza!... e non si move
più!
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